Vi siete mai chiesti quando è nata l’usanza di confezionare i regali? Il nostro viaggio inizia dal lontano oriente dove la parola giapponese usata per indicare l’arte dell’impacchettamento è “tsutsumi”, termine che letteralmente significa pacco, regalo. La tradizione di scambiarsi doni ha origine dalla religione scintoista. Gli innumerevoli dei dello Shintoo (“via degli dei”) ricevevano dagli uomini offerte rituali (per esempio, riso, sale, frutta, etc…) che venivano avvolte, protette con vari materiali tra cui la carta “washi” che significa “carta della pace”. Il senso di uno tsutsumi è quindi proteggere il dono avvolgendolo nel sacro e poi offrirlo in segno di pace e armonia. Il regalo come qualcosa di unico da valorizzare e da proteggere. Più accurato sarà lo tsutsumi più prezioso sarà il suo valore simbolico. Rispetto a quello che accade in occidente, nello tsutsumi il piacere è quello di contemplare il pacchetto senza la fretta di aprirlo. Un altro elemento molto importante riguarda la legatura che a volte assume un vero e proprio significato simbolico di legare a sé la persona per la quale si è preparato il dono. In particolare per quelle ricorrenze, cariche di significato, come la nascita o il matrimonio. Oggi come allora, tsutsumi significa presentare i regali esaltandoli con materiali e forme particolari. In Giappone si predilige il confezionamento giocato sulle diagonali del foglio rispetto all’usanza occidentale di porre l’oggetto con i lati paralleli. Questo perché la forma asimmetrica viene considerata più interessante e ben si adatta a qualsiasi forma del regalo. Sia in Oriente che in Occidente vale la stessa regola: se una confezione è fatta con cura ed amore e ad essa si dedica fantasia, tempo e creatività il regalo acquista molto più valore.